Diverse condizioni sono associate allo sviluppo di un colesterolo alto. Tra queste si possono elencare: sovrappeso, obesità, un’alimentazione non sana, l’abitudine al fumo – che a lungo termine danneggia i vasi sanguigni e accelera il processo di indurimento delle arterie- e la mancanza di attività fisica. Alcune malattie metaboliche, come il diabete, sono spesso associate a ipercolesterolemia. Alcuni individui sono invece geneticamente predisposti a sviluppare l’ipercolesterolemia: è una condizione nota come “ipercolesterolemia ereditaria o familiare” ed è associata ad una serie di mutazioni genetiche.
Per ipercolesterolemia si intende un eccesso di colesterolo nel sangue (colesterolemia). Poiché il colesterolo plasmatico è presente in diverse classi di lipoproteine circolanti, di solito viene specificato se si tratta di un aumento del colesterolo plasmatico totale (CT) o del solo colesterolo trasportato dalle lipoproteine a bassa densità (LDL), comunemente definito “colesterolo cattivo”. L’ipercolesterolemia, soprattutto quella da LDL, rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio per le malattie cardiovascolari su base aterosclerotica (cardiopatia ischemica e ictus ischemico).
La soglia per diagnosticare l’ipercolesterolemia è posta a 240 mg/dl (6.21 mM) a digiuno da 12 ore. La Consensus Conference NIH (National Institutes of Health) del 1984 aveva infatti definito come ipercolesterolemia una concentrazione plasmatica di colesterolo maggiore di 240 mg/dl nei soggetti con più di 40 anni.
Le evidenze successivamente raccolte hanno tuttavia chiarito che è impossibile parlare di valori “normali” di colesterolo. Si preferisce invece parlare di valori “ottimali” di colesterolo in rapporto al “rischio cardiovascolare globale” del singolo soggetto, cioè il rischio calcolato tenendo conto dell’insieme dei singoli fattori di rischio presenti.
Attualmente si ricorre alle carte del rischio cardiovascolare (rischio CV), grazie alle quali è possibile risalire ai valori ideali di colesterolemia in base alla percentuale di rischio di sviluppare un evento cardiovascolare in 10 anni. I principali algoritmi utilizzati per la valutazione del rischio CV sono Framingham Risk Score (USA), SCORE (Europa), QRISK (UK), ASSIGN (Scozia) e CUORE (Italia).
La presenza di alti livelli di HDL (>60 mg/dl) costituisce un fattore protettivo, per cui si parla di fattore di rischio negativo e si sottrae una unità al numero dei fattori di rischio del soggetto in esame. I soggetti che hanno un rischio del 20% o superiore sono considerati equivalenti ai soggetti con cardiopatia ischemica, per i quali è consigliata una colesterolemia di 100 mg/dl di LDL o meno e preferibilmente di 70 mg/dl o meno.